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LUNGODEGENZA Nome

L'Assistente Privata (le "Badanti")

 

a cura di Pisa Maria Gemma Giuliani

Parallelamente all’assistenza geriatrica fornita nelle strutture sanitarie ed assistenziali esiste il vasto settore dell’assistenza continuativa a domicilio alle persone anziane ed invalide, da tempo di pressoché esclusiva competenza di personale femminile straniero, extracomunitario in particolare. Si tratta di un fenomeno sociale particolarmente vasto che ha determinato da un lato la creazione di una nuova figura professionale, la cosiddetta “badante” (termine certamente infelice ma di pratica comune) e dall’altro la definizione di precise regole legali, soprattutto contrattuali.

Nello specifico caso italiano queste mansioni sono svolte principalmente dalle donne Est europee, dalle latino americane e dalle asiatiche. Come segnalato da singoli appositi Osservatori Regionali, si tratta di persone di sesso quasi esclusivamente femminile, di età media che supera i 35 anni, in 1 caso su 3 appartenenti a famiglie spezzate per matrimonio o separazione, spesso con figli a carico e dotate di un livello culturale e formativo talora superiori a quelli richiesti per l’attuale mansione e per le quali l’attività di “badante” rappresenta l’ideale per realizzare un profitto economico con il tempo trasformabile in aiuti a quei familiari (mariti, figli, fratelli ecc.) rimasti nel paese d’origine in cambio di uno stile di vita monotono e probabilmente condotto in condizioni disagiate.

Tutto ciò però ha un’impagabile vantaggio pratico: il permettere di poter mantenere l’anziano a casa propria, tra i ricordi e le cose care di una vita, riducendo anche sensibilmente i sensi di colpa che accompagnano i familiari nella scelta di un inserimento in RSA (Casa di Riposo).

Tale fenomeno è particolarmente esploso negli ultimi anni, tanto che secondo recenti indagini (a cura del Cergas-Bocconi) le badanti regolarizzate in Italia sarebbero ben più numerose del totale dei dipendenti del Sistema Sanitario Nazionale, avendo le prime superato le 700.000 unità contro le quasi 670.000 dei secondi. Secondo un’altra ricerca (a cura delle Acli) il totale delle badanti (tra regolarizzate e non) starebbe ormai per raggiungere i 2 milioni in totale. Infatti, ai dati ufficiali, si deve sommare tutto il “sommerso” da sempre presente in tale mondo.

Molte abitudini nelle famiglie italiane si sono così dovute progressivamente modificare, al fine di adattarsi alla nuova realtà sociale e culturale, con non poche difficoltà di “reciproca integrazione”. I pro e i contro a tale fenomeno (che, piaccia e non piaccia, risulta ancora necessario) sono in costante crescita ed in continuo confronto e conflitto.

Da un lato certamente deve essere sottolineato come non sempre le badanti giungano in Italia con una proprietà di lingua che possa garantire un’ottimale gestione del rapporto con l’anziano (che spesso parla solo il dialetto e poco la lingua italiana) e come la “cultura (anche assistenziale) dell’Anziano”, frequente nel nostro Paese noto per essere un Paese di Anziani, sia pressochè assente in quei Paesi (soprattutto dell’Est), cosiddetti emergenti, da cui provengono le badanti, con le prevedibili difficoltà del caso.

Dall’altro devono essere invece ricordate la difficoltà, la monotonia e lo stress di tale attività, spesso delegata per numerose ore al giorno a persone che vengono utilizzate soprattutto quando non sono presenti valide alternative di assistenza alla Loro presenza.

Nonostante tutte le attuali possibili regolamentazioni normative e contrattuali, anche quando le richieste risultano essere esorbitanti, spropositate, nonchè accolte per necessità, sono sempre più numerose le “cause di lavoro” tra badanti e pensionati per contenziosi (più o meno giustificati) relativi agli accordi di lavoro. Questo dovrebbe almeno mettere in crisi d’identità i dirigenti stessi dei sindacati, considerando che se da un lato c’è chi chiede “aiuto e assistenza alle giovani immigrate”, dall’altro “non c’è un vero e proprio datore di lavoro, ma dei soggetti fragili, spesso economicamente poco dotati, parte integrante della nostra stessa storia e che così va trattata, con grande riguardo e sensibilità”.

L’importante ruolo e funzione sociale delle badanti ha attivato nel corso degli ultimi anni numerose iniziative culturali e formative: dalla realizzazione di videocassette informative e formative sulle tecniche assistenziali di base, a quella di appositi vocabolari e dizionari multietnici(*), ad appositi Corsi di Formazione con rilascio di patentini ed iscrizioni ad apposite liste ed albi, fino alla creazione di appositi Sportelli per le Badanti nonchè di produzioni teatrali e cinematografiche aventi come oggetto proprio le badanti, le loro storie ed il proprio lavoro.

 

Il Welfare Domestico

Dalla Tesi di Laurea della dott.ssa Serena Bertone “Welfare Domestico punti di forza e di debolezza” (Laurea in Economia Aziendale presso l’Università di Torino – Anno 2009), riportiamo alcuni brani tratti dal sommario-presentazione della Tesi stessa. 

Tra i principali punti di forza dell’assistenza domiciliare si ricordano:

Economicità. Il welfare delle badanti è una soluzione economicamente conveniente per la famiglia, perché permette di beneficiare di servizi a basso costo e a domicilio.

Riduce la spesa sociale. È una soluzione praticamente a costo zero per le istituzioni, perché i costi della cura gravano quasi esclusivamente sulla famiglia. Il welfare contribuisce attraverso gli assegni di cura, contributi economici erogati dagli enti locali a favore di anziani che presentano un reddito familiare insufficiente a garantire l’assistenza di cui necessitano.

Domiciliarità. Le “badanti” svolgono il lavoro di cura presso il domicilio dell’assistito, quindi questa soluzione permette all’anziano di essere assistito presso la propria abitazione, permettendogli di rimanere dunque in un contesto a lui familiare in cui si sente a proprio agio e protetto.

Conciliazione tra tempi dell’anziano, quelli del lavoro, e della famiglia. Assumere un’assistente familiare permette ai parenti di continuare a essere presenti, senza venir meno ai propri obblighi lavoratori e familiari. La famiglia non ha più l’obbligo di essere presente 24 ore su 24, ma può comunque continuare a stare vicino all’anziano.

Appagamento morale. L’assunzione di un’assistente familiare permette alla famiglia di rimane responsabile in prima persona della buona gestione della cura del parente, e quindi di sentirsi più a posto con la propria coscienza.

I punti di debolezza sono però numerosi, a tale proposito si ricordano:

Lingua. Le scarse competenze linguistiche dell’assistente spesso rappresentano un ostacolo, perché è un elemento essenziale per poter comunicare e instaurare relazioni.

Discriminazione. Sono destinate in quanto donne e straniere, e a causa delle scarse competenze linguistiche, a svolgere lavori poco qualificati, quali il lavoro di cura, che svaluta il loro bagaglio formativo e culturale.

Coabitazione. Se l’assistente è sola in Italia, solitamente va alla ricerca di una soluzione di coabitazione con il datore di lavoro. La “badante” si trova a vivere in una casa che non è sua, rimane un’ospite, ed è costretta ad adattarsi ai tempi di vita dell’anziano. Il rischio è che la casa diventi una prigione: non esistono spazi e tempi separati, tutto è condiviso.

Sindrome del burn out. Quando l’assistente, è esposta a un eccessivo carico assistenziale, manifesta un forte stato di stress e ansia, che può arrivare a compromettere il suo equilibrio psicofisico. Sono infatti numerose le assistenti familiari che manifestano forme di depressione, disturbi del sonno, esaurimento, malattie psicosomatiche, ricorso all’alcolismo e malattie psichiatriche. Il lavoro di cura infatti, oltre a essere fisicamente pesante, lo è soprattutto da un punto di vista psicologico.

Sfruttamento. Dal momento che spesso l’obiettivo è guadagnare tanto nel più breve tempo possibile, l’assistente manifesta una propensione allo sfruttamento, è disposta ad accettare salari bassi e condizioni di lavoro disagiate, anche se questo atteggiamento  non fa altro che accrescere il rischio di burn out, perché a lungo andare,  il carico assistenziale diventa eccessivo.

Rapporto lavorativo. All’assistente viene richiesto oltre che di occuparsi delle faccende domestiche e della cura della persona, di diventare parte della famiglia, perché l’anziano non ha bisogno solo di un aiuto pratico, ma soprattutto di affetto, parole e compagnia. Diventa però difficile trovare il giusto equilibrio tra il rapporto affettivo e quello lavorativo, mantenere quel “distacco” tipico dell’ambiente di lavoro. Spesso l’anziano si affeziona, e allo stesso modo anche l’assistente tende ad affezionarsi. Il problema è che si tratta comunque di un rapporto lavorativo, certamente anomalo, ma sempre di un rapporto lavorativo in cui c’è una subordinazione gerarchica dell’assistente.

Difficoltà a relazionarsi con gli anziani. Le più fortunate riescono a creare un buon rapporto sia con l’anziano che con la famiglia. Altre assistenti invece hanno difficoltà a relazionarsi, e questo rischia di rendere il lavoro di cura insostenibile. Tra le cause che rendono difficile la relazione vi sono sicuramente: la diversità culturale, le scarse conoscenze linguistiche,  il tipo di malattia, il carattere della lavoratrice, la differenza generazionale che esiste tra l’anziano e l’assistente più giovane e che si traduce in gusti e abitudini diverse, diverse pratiche di vita quotidiane.

Diventare datore di lavoro. Quando la famiglia decide di assumere l’assistente non è aiutata dallo Stato, ma si trova ad essere da un giorno all’altro datore di lavoro senza essere preparata, quindi spesso si crea scarsa chiarezza sulle regole e sui compiti da svolgere.

Difficoltà nello stare vicino alla propria famiglia. Le assistenti possono decidere di migrare da sole e in questo caso la mancanza dei figli, dei genitori, e degli amici è molto forte, o posso decidere di richiedere il ricongiungimento. Questo elimina la lontananza fisica e affettiva, ma non risolve completamente il problema, perché l’impegno lavorativo continuativo sottrae alle madri tempo da dedicare alla cura dei propri figli e rende difficile la gestione dei compiti familiari.

Capitale sociale debole. Sono poche le relazioni sociali che le assistenti riescono a creare in Italia, e questo accresce il rischio di subire forme di sfruttamento e di compromettere il proprio stato di salute psicofisico.

Mancanza di formazione. Spesso le “badanti” agiscono da sprovvedute, perché non hanno la formazione necessaria per svolgere tutti i compiti che vengono loro richiesti, soprattutto per quello che riguarda le mansioni infermieristiche. Manca un bagaglio di pratiche conosciute e acquisite, che è invece presente nelle case di riposo.

Ci sono poi altri fattori che ci fanno capire che in futuro la disponibilità di queste donne a migrare nel nostro paese e ad accettare condizioni di lavoro disagiate potrebbe ridursi, per questo è importante pensare ad altre ipotesi di soluzione. Questi fattori sono:

Maggiore consapevolezza. Le donne straniere presenti da anni in Italia hanno ormai preso coscienza dei propri diritti e dell’importanza del loro ruolo, quindi saranno sempre meno disposte ad accettare offerte di lavoro in co-residenza, perché una volta ottenuto il permesso di soggiorno molte chiederanno il ricongiungimento familiare, e quindi non saranno più disposte a lavorare 24 ore su 24.

Insostenibilità finanziaria, perché nei prossimi anni le nuove generazioni arriveranno alla vecchiaia con pensioni molto basse, che difficilmente saranno sufficienti per assumere una badante a tempo pieno.

La concorrenza europea. La presenza in Italia di un’offerta disponibile a lavorare nel settore della cura dipenderà dalla capacità del nostro paese di vincere la concorrenza a livello europeo nell’attrarre manodopera migrante.

Il miglioramento delle condizioni socio-economiche dei paesi d’origine che diminuirà l’offerta di lavoro proveniente da queste aree, perché le lavoratrici non sentiranno più la necessità di migrare alla ricerca di migliori opportunità di impiego e di salari più remunerativi.

Le conseguenze sulla struttura demografica e produttiva del  paese d’origine. I flussi attuali di emigrazione non saranno alla lunga sostenibili, infatti dal momento che questi coinvolgono principalmente le fasce di popolazione in età produttiva, in futuro se i giovani continueranno a diminuire perché emigrati verso altri paesi, c’è il rischio (così come è accaduto in Italia) che venga a mancare il ricambio generazionale e il sostegno alle fasce di popolazione più anziane, sia da un punto di vista economico, che dal punto di vista dell’assistenza.

Riportiamo 2 particolari “opinioni contrapposte”: un articolo pubblicato dall’Agenzia ANSA e relativo ad un Decalogo delle Badanti redatto dalla “Società Italiana di Geriatria e Gerontologia” e la cosiddetta “Sindrome della Badante”, definita da G.Mazzoli nel 2004, all’interno del cosiddetto “progetto integrato madreperla”.

 

La Badante Ideale

Individuare subito il familiare di riferimento e i suoi numeri di telefono; non imporre mai i propri ritmi; stimolare l'anziano a muoversi. Sono alcuni dei punti chiave del "decalogo della brava badante", messo a punto dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, presentato nella giornata inaugurale del 49° Congresso della Società stessa. La brava badante, che abitualmente passa più tempo dei familiari con l'anziano che assiste, dovrà avere ben presenti le difficoltà di questa persona: dal rischio di piaghe, se per molte ore del giorno sta a letto alla sicurezza della casa qualora sia affetto da demenza senile. Secondo il professor Marco Trabucchi Presidente della Società di Geriatria e Gerontologia, che ha presentato il "decalogo" insieme al segretario generale Niccolò Marchionni, dell'Università di Firenze è la badante che deve occuparsi dei farmaci, dell'alimentazione "che deve essere varia", del sonno della persona a cui sta vicina. Nel decalogo, perciò, non manca un consiglio diretto alla badante che, oltre a far in modo che l'anziano possa vivere nella sua casa, deve "anche prendere cura di se stessa". L'anziano, infatti, "ha bisogno di sentire intorno a lui la serenità di chi lo assiste". E allora, "se il rapporto di lavoro non ti soddisfa si legge nell'ultimo punto del decalogo cerca delle alternative: ne troverai molte. Il tuo lavoro è di grande importanza e molto apprezzato nel nostro Paese". La decisione di predisporre questo decalogo, come ha spiegato il professor Trabucchi, arriva dalla consapevolezza che ormai l'assistenza domiciliare "è la modalità assistenziale privilegiata da tutti i governi, ma la diffusione dei servizi domiciliari è molto diversificata nei vari Paesi europei". E, oltretutto, in Italia, "mentre crescono i bisogni dei non autosufficienti, diminuiscono i finanziamenti pubblici per i servizi". Secondo un'indagine già nota della Ue, i Paesi del Nord Europa assistono a domicilio oltre il 10% degli anziani, quelli del Sud meno del 3,5%. L'Italia ha una percentuale intorno al 3%. Vario, poi, il numero delle ore medie settimanali: in Germania e in Inghilterra sono 5, in Svezia 6, in Francia 5 7. La Danimarca è la nazione europea dove più sviluppata è l'assistenza domiciliare integrata che raggiunge il 24% degli anziani, e dove è previsto che la dismissione dall'ospedale avvenga solo a condizione che il comune attivi l'assistenza domiciliare. L'Italia ha tre ore di media settimanale.

 

"La Sindrome della Badante"

• Ci sono problemi nella somministrazione dei farmaci

• Spendono troppo a fare la spesa, non sanno gestire i soldi

• La loro cucina è troppo grassa

• Sono mercenarie anaffettive

• Sono aggressive, trattano male i nostri anziani

• Le criticità si accrescono quando l’anziano ha problemi cognitivi

• Nono sono sincere

• La lingua è un problema

• Abbiamo l’ansia continua di perdere la badante

• A volte rientrano improvvisamente in patria senza dare spiegazioni, vien da pensare ad una rete malavitosa alle spalle

• Rifiutano di imparare questo mestiere

• Abbiamo ricevuto telefonate anonime con minacce

• Si fanno condizionare da connazionali inaffidabili

 

(*)Ricordiamo, a tale proposito, il nostro Volume “To Take Care”- Piccolo Vocabolario MultiEtnico Sanitario ed Assistenziale (Cortina Libri - Collana Quadri – 2008)

 

 

 

Aggiornato il 28-04-2015 alle ore 18:59:05

 

 

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